Friday, December 30, 2011

HURT AND BLESSED, HEART OF MINE

Dolore e benedizione bussano a braccetto alla porta del mio cuore.
Ho trovato una bella canzone, Johnny Cash, ed una bella frase, Benedetto XVI.
Entrambi sanno sempre come fare a ferirlo.

Buon anno a chiunque passerà da qui.

"L'uomo ha bisogno di Dio, oppure le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui?
Quando, in una prima fase dell'assenza di Dio, la sua luce continua ancora a mandare i suoi riflessi e tiene insieme l'ordine dell'esistenza umana, si ha l'impressione che le cose funzionino ancora abbastanza bene, anche senza Dio.
Ma quanto più il mondo si allontana da Dio, tanto più diventa chiaro che l'uomo, nell'ebbrezza del potere, nel vuoto del cuore e nella brama di soddisfazione e di felicità, "perde" sempre di più la vita.
La sete di infinito é presente nell'uomo in maniera inestirpabile. L'uomo é stato creato per la relazione con Dio e ha bisogno di Lui"
(Benedetto XVI)

Sunday, December 18, 2011

IN UN FRAMMENTO, IL TUTTO

L'hanno fatto di nuovo. Mi hanno spostato un'altra volta la macchinetta del caffé. E stavolta l'hanno messa laggiù in fondo, in un angolo, incastrata tra tavoli e sedie ricoperti da teli impolverati, arredi di un salone d'ospedale che qualcuno sta aggiustando. Lavoro di operai, sincronizzato con quello di medici e infermieri, tecnici di laboratorio e portantini, umanità che corre, sbuffa, piange, ride, si abbraccia e si scontra in questo luogo senza spazio e senza tempo, dove si prova a rabberciare le ferite dei corpi, senza occuparsi mai abbastanza di quelle dell'anima.
Perché lo facciano - spostare in continuazione quella benedetta macchinetta del caffé - ancora non l'ho capito. Forse é per confondermi le idee, distogliere la mia attenzione su ciò che vale veramente, quello che mi tiene in piedi, alle tre del mattino come a mezzogiorno.
Il panorama e le luci della città, però, sono sempre al loro posto. Quelle non sono riusciti a toglierle, non ce l'hanno fatta con loro. E così sono finite a fare da sfondo a una finestra lunga, disposta davanti ad uno spazio enorme, tutto nuovo. Disposizioni anti-incendio, hanno spiegato. Già, come se bastasse. Creare un po' di spazio intorno alle ferite che bruciano per mettere tutto a posto, spegnere ogni tipo di fuoco. Le ferite di chi sta qui dentro e le altre, di tutti quelli che sono ancora fuori.

Ci sono un sacco di ferite in giro, se ne sente parlare in continuazione, anche adesso che é Natale, questo Natale che tanta gente dice di non sentire più. A dire il vero, non so se l'abbiano mai sentito prima. Ho una gran paura di no. Forse erano troppo presi a pensare a molte cose che non c'entravano nulla e così, adesso che cominciano a scarseggiare anche quelle, sentono tremare il terreno sotto i loro piedi.
Qualche giorno fa ne ho letta una veramente bella. Parlava del sogno di una giovane donna, sogno terribile. Lei si sveglia al mattino e corre dal marito. E' fragile e talvolta un po' insicura, come tutte le donne che aspettano un bambino. E dice che non riesce a capire quel sogno, ma crede che riguardi il figlio che sta per arrivare. Solo che quel figlio non lo nomina nessuno, anche se tutti corrono in giro da settimane a preparare quella che sembra una gigantesca festa di compleanno per lui. Lui però non c'é, non compare, non viene mai neppure nominato. "Sai Giuseppe? - gli confida tra le lacrime - Tutto era così bello e la gente così contenta, ma io avevo una gran voglia di piangere perché nostro figlio era completamente ignorato, non desiderato nella sua festa...".

Desiderio. Strana parola. Una di quelle che la gente oggi ignora. O che forse, invece, in qualche modo conosce ancora, ma ne ha perso di vista il vero significato. Cosa desiderare oggi? Di uscire dalla crisi? Di avere un futuro dall'orizzonte meno incerto? Di soffrire di meno e godere e divertirsi di più? Certo, a nessuno piace soffrire, ma il desiderio é qualcosa che ha a che fare coi bisogni e con il cuore, e che trascende il fatto che la vita debba passare a volte anche da una porta stretta.
Se il desiderio ha a che fare col bisogno, mi viene da pensare ad Uno che partiva sempre da quello per muovere ogni suo passo. Uno vissuto tanti anni fa, e che era nato proprio a Natale. Uno che partiva dal bisogno per poi condividere tutto l'umano con uno stile di vita proprio, che gli derivava da un rapporto d'amore: quello che viveva all'interno della Trinità. Perciò, alla fine, la domanda di pienezza e di felicità, costitutiva del cuore dell'uomo, finiva per avere un reale compimento. Ecco perché c'é un sacco di gente - me compreso - che rischia di non sentire più né questo né tutti gli altri Natali che verranno. Perché se non si parte da qui - il vero bisogno del nostro cuore - tutto si svuota di consistenza.

Ho preso il mio caffé, laggiù alla macchinetta, e me lo sono portato fino a qua, quella finestra lunga davanti alle luci della città. Toh, non me ne ero accorto prima, ma adesso ci hanno aggiunto davanti qualcosa. Un tavolino del soggiorno, ricoperto da un telo, e sopra le casette, la grotta ed i pastori. E' davvero tutta un'altra cosa adesso. Ora sì che il panorama mozzafiato di quassù comincia a rispondere ad un bisogno.
E' un piccolo frammento di gioia, quello che si fa strada, mentre il mio sguardo si sposta dalla città per soffermarsi su quel Bambino, piccolo e indifeso, ma capace di riscattare tutta l'umanità. Ed é come se, a poco a poco, anche i mille occhi che stanno laggiù, dentro tutte le case illuminate della città, convergessero il loro sguardo fino a qui, una piccola capanna, un frammento d'universo.
Ma in quel frammento c'é il Tutto ed io non ho bisogno d'altro per sentire che adesso davvero ogni cosa mi appartiene: "Tutto é vostro - diceva San Paolo - ma voi siete di Cristo e Cristo é di Dio".
Che bella avventura, l'attimo presente della vita.

Sunday, December 11, 2011

SAVE IT FOR A RAINY DAY


Continuava a piovere incessantemente. Ogni goccia infradiciava di continuo il suo corpo e i suoi pensieri, senza riuscire a lavare la mente da tutte le polveri sottili che continuavano ad inquinarlo sempre più. Quanto grande era la distanza tra quel che sentiva di voler essere e la sperimentazione del suo quotidiano fallimento, quella contraddizione chiamata peccato, che la società moderna aveva tragicamente svuotato di significato, lasciando l'umanità alla deriva di se stessa e rapinandola dal desiderio più grande che essa possedeva: quello della redenzione.

Quella sera non riusciva ad addormentarsi. Ogni volta era così: un desiderio irriducibile di tornare sui suoi passi, correggere pensieri, parole, opere ed omissioni, collimarle una volta per tutte alle intenzioni, quelle di cui é lastricato quel luogo dove é sempre pianto e stridore di denti. Eppure, poco a poco, stava cominciando a capire. Da pietra che rotola, cominciava a sentirsi finalmente uomo nudo sul palcoscenico della vita. Si stava svuotando un po' alla volta del suo orgoglio ed era doloroso, certo, ma gli stava facendo sperimentare il dolcissimo gusto della libertà. L'indomani sarebbe tornato su quei passi, ma solo per chiedere scusa dell'ira dei suoi gesti e delle sue parole. Avrebbe affrontato il conflitto, scacciato l'ansia che gli creava lo starci dentro, e provato a ricreare un frammento di fraternità. La forza, che sentiva di non avere, l'avrebbe chiesta ad un Altro. E quella sera, prima d'addormentarsi, la chiese anche a tutti gli amici che erano già lassù, quelli partiti troppo presto da quaggiù, quelli che, perché viventi nell'abbraccio di un Padre, ora erano capaci d'amare d'un amore senza limiti.

Lacrime e gioia accompagnarono con stupore il suo cammino il giorno dopo. E fu sperimentare il già e non ancora: la voglia di verità e bellezza che abbiamo dentro e come essa debba tragicamente convivere con la capacità di far del male. Ma capì ugualmente che si può essere amici, cioé testimoni, anche dentro la contraddizione, perché é sempre e soltanto l'amore di un Altro che si fa strada da sé.
Le polveri sottili continuavano a sporcare gli abiti e la mente, ma ormai non gl'importava più, ora che una misericordia lo aveva abbracciato e poteva sentirne forte il suo calore.
D'ora in avanti l'avrebbe portata sempre con sé.
E avrebbe salvato ogni nuovo giorno di pioggia.


Friday, December 02, 2011

INNI


"Quand Sigur Ros joue, les volcans islandais font silence"


Sigur Ros é il nome dato ad un gruppo post-rock, recita l'onnipresente ed onniscente Wikipedia, Treccani degli studenti di oggi, ragazzi abituati a gestire l'enorme flusso d'informazioni presente oggi nella rete, spesso senza aver acquisito né il senso critico per valutarle, né una conseguente capacità di analisi e di concentrazione su qualcosa che duri più di un paio di minuti. Problema che riguarda anche gli adulti, d'altra parte. Si scorre tutto velocemente ed anche un blog diventa valido solo se si aggiorna quotidianamente, se acquista lettori in base al flusso, neanche si trattasse di FTSE Mib o Dow Jones invece che di narrativa. Il figlio di un mio amico, ottimo scrittore, ha un blog, dove pubblica un post al mese. Uno solo e non di più, perché - dice - altrimenti non riesce più ad applicarsi seriamente alla lettura ed alla propria scrittura, lui che scrive come minimo tre o quattro ore al giorno, perché scrivere é un lavoro come un altro e quindi bisogna continuare a praticarlo con impegno e serietà, ogni giorno. Un post al mese, che viene voglia di leggere più di una volta al mese. C'é da imparare da gente così.


Post-rock, dunque. E cosa vuol dire? Che il rock é morto? Già lo sapevamo. Epoche della musica come quelle della storia, moderna e post-moderna? Mah, argomenti di poco interesse, tutto sommato. Quel che conta é che la musica sia buona e basta. E l'ultimo disco del gruppo islandese, primo vero lavoro dal vivo della band, é cosa bella e giusta.
Dice il sito ufficiale che quello di Inni é una sorta di percorso a ritroso, una strada di ritorno dopo essere partiti ed arrivati a Heima, che sposta l'attenzione sui singoli musicisti e sul prodotto del loro stare insieme - la musica - dipinto con le sole tinte del bianco e nero.
E' davvero così. Se Heima ci aveva affascinato con il magico accostamento delle sonorità di Jonsi & soci ai colori suggestivi dei paesaggi delle terre del nord, allo stesso modo é il bianco e nero che serve ora a camminare lentamente, ma con intensità, lungo questo nuovo percorso così introspettivo. A corredo del doppio cd, un dvd con immagini dal vivo, anch'esse prevalentemente in bianco e nero e filmate con una tecnica di ripresa che intensifica le emozioni attraverso tagli ed inquadrature bizzarre o messe a fuoco inusuali. Si é costretti a concentrarsi sulla musica, lasciando perdere tutti gli orpelli che non servono a penetrarne i recessi più nascosti per raggiungerne il senso più profondo. E si finisce per identificare quella stessa musica con il musicista e il suo strumento, si tratti dello xilofono o della bowed guitar (la chitarra suonata con l'archetto) oppure della stessa voce, quando utilizza ad esempio il vonleska (hopelandic, nella lingua inglese), efficacissimo metodo - accentuato dall' eterea voce in falsetto di Jonsi - che perde di vista il testo per trasformare le parole stesse in suoni da accoppiare alle melodie degli strumenti stessi.

In fondo mi sento un po' post-rock anch'io. Non m'interessano più gli stereotipi, le enciclopedie od infinite recensioni storico-biblio-musico-saccentografiche sparpagliate ormai un po' dappertutto. Mi appassiona sempre più ciò che riguarda la vita, musica che sia in grado di farmi aggrappare alla realtà, circostanze abbracciate e capaci di muovere l'anima ed il cuore, cuore attaccato dove deve stare, sul disegno del Volto buono del Mistero che ha a cuore sempre e soltanto il nostro bene.
Poco importa poi che questo accada mentre le note della musica fuoriescono dallo stereo dell'auto, riuscendo a trapassare anche la nebbia più fitta che la circonda al mattino, oppure nel profondo della notte, quando tutto ormai si é addormentato intorno a te ed al tuo sonno mancano ormai solamente le preghiere e l'ultimo esame di coscienza del giorno.
Un inno é qualcosa che nasce da quello che ti é maturato dentro e che ha fatto uscire gratitudine e gioia, desiderio e speranza che poggia su ciò che non muore. Musica come questa ci riesce, che poi si tratti di rock o post-rock é solo un dettaglio.
E' di anima che si tratta. E questo mi basta.