Friday, February 25, 2011

INCONTRI E FERITE. ARGILLA. E BELLEZZA.

"siamo fatti d'argilla, che si forma, però, non involontariamente, quindi solo da incontri e luoghi, ma anche volontariamente, cioé secondo le nostre scelte".
Poche righe, alla fine di un tema fatto in classe, un voto portato a casa da firmare da parte di mio figlio, 12 anni, seconda media. Mi ci fermo sopra un po', leggo e rileggo questa frase. E' proprio vero che capita che i nostri figli ci facciano, a volte, anche da padri e madri.

Quante volte mi sento d'argilla, perché sperimento la mia fragilità di fronte a ciò che il cuore sente come vero e quello che le mani e i piedi non sono capaci di tramutare coscientemente in azioni. A prima vista verrebbe da scoraggiarsi, ma ho smesso da tempo di scandalizzarmi della mia incoerenza ed incapacità. Ogni volta, invece, sperimento la gioia nel riaffidarmi a un Altro. Uno nella cui misericordia posso riporre, alla sera, tutta la durezza del mio cuore e l'infedeltà nel rispondere alla Bellezza che ho incontrato un giorno.

Questa sera, però, forse anche grazie a mio figlio, sento come una delle cose più vere della mia vita anche un'altra cosa, letta e riletta più volte. E forse sentita ora anche un po' più bella. E' una cosa, una frase, che c'entra con gli incontri e con i luoghi. Ma anche con la volontà e le nostre scelte.
La metto qua, come ultimo pensiero della sera, prima di affidarmi di nuovo.
Per poi tornare a volare un po'. Ed incontrare di nuovo la Bellezza.
Perché domani, a Dio piacendo, sarà di nuovo un nuovo giorno.
Tutto da vivere.

"prima o poi ogni persona fa un'esperienza che segna l'inizio della sua piena maturità: capisce nella propria carne e intelligenza che, se vuole sperimentare la benedizione legata al rapporto con l'altro/a, deve accettarne la ferita. Comprende, cioé, che non c'é vita buona senza passare attraverso il territorio buio e pericoloso dell'altro, e che qualunque via di "fuga" da questo "combattimento" e da questa agonia conduce inevitabilmente verso una condizione umana senza gioia" (Luigino Bruni - la ferita dell'altro - ed. Città Nuova)


Wednesday, February 23, 2011

WAITING FOR LUCINDA



Diciamoci la verità: Little Honey non era poi granché. Un bell'esercizio di blues del delta, infarcito qua e là anche di belle ballatone country, ma un disco, tutto sommato, senz'anima, finito, dopo qualche ascolto neanche troppo frettoloso a prendere polvere sullo scaffale. E d'altra parte non era mica facile ripetere il miracolo di West, il lavoro che, nel 2007, aveva fatto nuovamente breccia in una moltitudine di cuori, almeno tutti quelli che avevano provato a lenire le proprie ferite lungo le note di Essence e di Car Wheels On A Gravel Road.
Ora, a distanza di due anni, quella voce ci riprova. La voce sensuale, strascicata, meravigliosamente rock di Lucinda Williams. Una voce che sembra una scopata a ritmo di rock'n'roll e attenzione che non sono io a dirlo, ma l'amico Vites, che io, si sa, sono troppo bigotto per dire certe cose.
Tant'é, sta di fatto che intorno alla voce di Lucinda é stato fatto tutto Blessed, il disco nuovo in uscita il 1 marzo in tutti i vostri negozi di dischi preferiti, ammesso che di negozi di dischi ce ne siano ancora in giro. Ah già, ma c'é iTunes e allora va bene lo stesso. Allora la voce, dicevamo. Beh, la Williams dice che Don Was ci ha costruito intorno tutto il disco: "Lucinda vocal's, the most important thing", secondo lui. E allora é già un bel partire, perché poi, nelle sessions di registrazione, pare ci sia stato pure un clima un po' speciale: "Alla fine della giornata tutti erano felici. Nessuno se ne é andato in preda a cattive sensazioni su tutto quello che abbiamo fatto".
Il resto lo fa uno sguardo diverso sulla vita di Lucinda, forse più sereno dopo il matrimonio e certamente più maturo nella capacità di scrittura: non più solo cuori feriti e strascicati, ma uno sguardo sull'umanità più profondo; c'é spazio per esempio, per meditare sulla triste dipartita di Vic Chesnutt (Seeing Black) e dell'ex manager Frank Calliari (Copenaghen). Ma al fondo, forse, c'é anche uno sguardo più felice: "Ho una diversa prospettiva adesso e spero d'essere più saggia con gli anni che passano. C'é stanchezza, ma anche una sorta di gioia, come nella canzone "Born To Be Loved". Ecco forse é questo il vero tema di tutto l'album". Già, perché in molti hanno chiesto alla Williams perché avesse intitolato proprio Blessed il proprio disco e Lucinda, finora, ha evitato accuratamente di rispondere. Anche se ha invitato però la gente a postare sul suo sito cosa volesse dire per ciascuno quella parola e qualche filmato interessante su YouTube qualcuno l'ha già messo.
Insomma, non so se il nuovo disco di Lucinda Williams sarà bello oppure no, ma, almeno per quel che mio riguarda, la sensazione é che l'attesa possa non andar delusa.


Gli anni passano per Lucinda, 58 all'anagrafe e più di trenta di carriera. C'é bisogno di ritmi più distesi, non solo dell'anima, ma anche delle corde delle proprie chitarre, luoghi dai quali scacciar via il rumore. Vale anche per me, che sono un po' più giovane di lei, ma mica poi neanche tanto. Vale per le mie scorribande personali lungo certi sentieri grigi della mente, ma anche accanto a quelli più solari, quando si scioglie la rugiada del mattino. E' questa la bellezza che deve farsi strada. Ed é per questo che ai primi di marzo, il nuovo disco di Lucinda Williams troverà il suo spazietto in mezzo agli altri dischi del mio scaffale.
Per lasciare andare un po' il mio cuore ancora a caccia di bellezza.
Bellezza come unica cosa ancora capace di ferire il cuore dell'uomo moderno.







Tuesday, February 15, 2011

TIGHT CONNECTION TO MY HEART




Io mi ricordo com'era andata all'Hammersmith Odeon, anche se non c'ero. A Londra, un sacco di anni fa. Me la ricordo, amico, la tua faccia e la folla impazzita tutta intorno. Com'é che dicono da quelli parti? Bananas? Ecco, appunto, matti da legare, tutti quanti. The crowd went bananas, avevano scritto: era proprio quello che era successo. Stavi cantando I Want You, poi chissà cosa ti era preso. Avevi visto una bella ragazza appena giù dal palco, o qualcos'altro era passato per la tua mente. Sta di fatto che avevi cominciato ad ondeggiare con le anche e poi a fare quelle smorfie strane, che a noi sono sempre parsi dei sorrisi.
L'altra sera l'hai fatto di nuovo. Sei salito sul palco, il passo incerto come sempre. Così incerto che quasi inciampi e cadi. Come quella volta, il primo gradino della scala prima di andare a salutare il papa. E poi certo che hai sorriso. Dicono che sei antipatico sul palco, ma non é vero, a me hai sempre fatto una tenerezza immensa. E' che hai sempre rischiato la tua vita, là sopra, quasi ogni sera, da un sacco di tempo a questa parte. E peccato che siano pochi quelli che l'hanno capito veramente.
Così é stato bello vederti, ma bello veramente. Hai fregato il mio cuore, un 'altra volta ancora. In mezzo a tutti quei ragazzi, poi, che pendevano dalle tue labbra. Come sempre, d'altra parte, come tutti. E poi, alla fine, un assolo mal riuscito d'armonica, come a dire: hey ragazzi, é stato bello, ma adesso andate avanti voi, che io vi ho già tracciato la strada lungo la quale dovrete sempre andare. Grazie Bob, ci si rivede alla prossima, quando vuoi; tu lassù sul palco, pianola, chitarra, armonica, voce arrochita, quello che ti pare. Noi là sotto, in prima fila come sempre, per non farti mai sentire solo. Sarà dura, sai, per noi, quel maledetto giorno che non ci sarai più.



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Friday, February 11, 2011

UNA SCIA DI LUCE


Milano, basilica di Sant'Ambrogio, 10 febbraio 2010. Una delle chiese più affascinanti della città, cariche di storia e di vita di santi, é gremita. Ma non é una messa, quella che si celebra questa sera. Seduti davanti ad un elegante tavolino rosso ci sono Maria Teresa e Ruggero Badano, i genitori di Chiara "Luce", la giovane ragazza di Sassello dichiarata dalla Chiesa beata lo scorso 25 settembre. Di fronte a loro gente di ogni età, ma i giovani sono davvero tanti. Ed é giusto che sia così, perché quando la giovane Badano é morta aveva solo diciott'anni. E "quando in cielo arriva una ragazza di diciott'anni si fa festa", aveva detto lei un giorno.

Questo blog ha già parlato di Chiara (http://talkin-walkin.blogspot.com/2010/09/chiara-luce-badano-life-love-light.html), non ne ripeterà dunque, in queste poche righe, la storia. Quella storia, comunque, da me ben conosciuta e raccontata da Maria Teresa e Ruggero, ha fatto scendere, sul volto di chi vi scrive e non solo, più di una lacrima anche ieri sera. Perché la santità attrae ancora, se il tuo cuore, anche se ferito, si fa capace di non chiudere la porta al desiderio. E quel cuore, quando trova un luogo capace di farvi riposare le sue durezze, si commuove eccome.
Mentre tornavo a casa con mia moglie, rimeditavo nel profondo di quel cuore tutto ciò che avevo visto e sentito. Ed é soprattutto uno sguardo quello che ancora adesso mi é rimasto dentro. Lo sguardo di Ruggero negli occhi di Maria Teresa mentre parlava. Profondo, dolcissimo, straordinariamente intenso. E quello di lei quando parlava lui. Uguale, ma diverso allo stesso tempo, altrettanto carico d'amore. E' quell'amore che sa farsi uno, che fa il vuoto per accogliere il tutto dell'altro. Ed é lo sguardo di chi, da genitore, si é scoperto misteriosamente figlio di chi ha generato, perché ciascuno ha accolto l'Amore più grande, che ha consentito ad ognuno di rinascere nuovo in Dio.
Se dovessi lasciare tutto e trattenere una cosa sola, ecco cosa stringerei forte a me: quello sguardo, capace di creare una scia di luce.
Lo sguardo di due genitori, che desideravano tanto una figlia, arrivata dopo undici anni d'attesa e che l'hanno ridonata a Dio dopo altri diciotto. Per poi ridonarla alla Chiesa. E per ridarla adesso - ieri sera come ogni volta che raccontano di lei e di loro - ovunque vengano chiamati perché diano testimonianza di ciò che é accaduto.
Perché Chiara, adesso, é davvero di tutti.