Monday, June 11, 2012

UNA PALLINA DA TENNIS. E L'INSOPPRIMIBILE ESIGENZA DEL CUORE

Match point della partita di semifinale. Il tempo non è bello: c’è un sacco di vento che alza la terra rossa del campo da tennis. L’avversaria risponde al servizio, ma la palla ritorna, diritta e precisa, nuovamente dall’altra parte. Tocca terra, urta un’altra pallina, lasciata lì incautamente dopo il punto precedente, e schizza via, imprendibile. Gioco, set, incontro, e la finale, sogno coltivato a lungo durante dure ore d’allenamento, pronto a materializzarsi all’improvviso. Perché le regole sono precise: è responsabilità di ciascun giocatore pulire la propria metà campo dalle palline rimaste a terra. Oppure si potrebbe rigiocare il punto, ma è lo sfidante che lo ha fatto in quel modo che ha facoltà di decidere.

In quei pochi istanti passano nella mente di Chiara mille pensieri. Quel film, visto decine di volte perché piace così tanto al suo fratello più piccolo, dialoghi mandati a memoria, automobili rese vive come persone grazie alla magia dei cartoni animati. Il vecchio DOC, auto da corsa ormai in pensione, che spiega al giovane Saetta McQueen che la Piston Cup non è altro che una coppa vuota e che non serve a nulla se il tuo unico scopo nella vita è sempre e soltanto quello di voler vincere a tutti i costi. E il giovane Saetta, che, memore delle lezioni di quel vecchio amico e maestro, nella gara più importante, dopo l’incidente di King, anziché tagliare il traguardo vittorioso, torna indietro per spingere l’auto avversaria fino al traguardo, arrivando ultimo. “Cosa vuoi fare, Chiara? Vuoi rigiocare il punto o andare in finale?”, grida l’allenatore, non riuscendo a trattenere, nel frattempo, una sonora risata. Momenti ancora più brevi, uno dopo l’altro, mentre il pubblico osserva, perplesso e curioso. Una decisione da prendere subito, senza incertezze. E’ allora che alla ragazza viene in mente anche quel che aveva udito al mattino. Una frase detta durante un incontro con altri amici, coi quali da un po’ di tempo condivide il proprio cammino. Parole sentite anche qualche settimana prima, migliaia di giovani radunati assieme per il triduo pasquale, dietro ad un’esperienza che ti dice che ciò che il cuore desidera esiste ed è un bisogno di felicità e di bellezza scritto da sempre dentro a quel cuore. Dovete essere leali con la realtà, le avevano detto quel mattino. E non dovete ridurre il vostro desiderio.

 “Allora, Chiara?”, grida ancora il maestro. “Allora rigiochiamo!”, risponde la ragazza. L’applauso del pubblico sorge impetuoso e scrosciante, come la ragazza non ne aveva mai sentiti in vita sua. L’avversaria se ne sta andando, ma si ferma e si volta stupita. Si rigioca il punto. Sempre match point della semifinale. Sempre ad un passo dalla vittoria. La ragazza rigioca. E perde. Perde la coppa che aspetta da quattro anni e che l’avversaria aveva già vinto l’anno prima. Ma non è triste, anzi: prova una felicità mai sperimentata prima d’allora. L’applauso del pubblico ora è inarrestabile, l’allenatore corre da lei, l’abbraccia, le fa i complimenti per come ha giocato, le dice che non ha mai visto niente di simile. Lui che gioca a tennis da una vita. Lui come suo padre, anch’egli allenatore, e neppure lui spettatore di qualcosa di simile sui campi di gioco.

Quando torna a casa, alla sera, la gioia del racconto, assaporato a tavola insieme ai fratelli ed ai genitori, ha il sapore del buon cibo ed il calore e la bellezza della fiamma della candela che la sua famiglia usa mettere a tavola ad ogni cena. Il giorno dopo squilla il telefono: dall’altro capo del telefono l’allenatore, che vuol parlare con la ragazza e poi con la madre. Vuole capire. Vuole sapere che cos’è quel qualcosa che ha fatto vibrare il suo cuore in quel modo. La mamma di Chiara prova a spiegare. Gli racconta di quel cammino fatto di piccoli passi di ogni giorno, vissuto in cordata in famiglia e con gli amici, e che fa del percorso della vita una splendida avventura, a sedici anni come a cinquanta. “E’ così grande l’esigenza del nostro cuore che a volte rimaniamo sconcertati – si era sentite dire la ragazza in quei giorni di ritiro – Niente ci dà pace. Niente ci appare all’altezza dei nostri desideri. Che tenerezza verso di sé ci vuole per non disertare il proprio cuore! Ma chi non demorde, prima o poi, capirà perché ne valeva la pena: per scoprire il fascino di Cristo”. Quel pomeriggio di un giorno ventoso, Chiara, correndo dietro ad una pallina da tennis, non aveva disertato il desiderio del suo cuore. E quel desiderio era diventato esperienza di stupore ai suoi occhi ed a quelli di molti altri. Anche quelli del suo giovane allenatore di tennis, il cui vecchio cuore aveva vibrato in quel modo così forte ed inatteso.

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